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Scrivici |Modello navigante in metallo della V.Veneto
- I modelli di Alberto Gemelli -
Corazzata Vittorio Veneto e sommergibile Cagni: due modelli naviganti in metallo di Alberto Gemelli.
Ringraziamo Alberto Gemelli per la collaborazione e la disponibilità.
La storia di un modello navigante: mezzo secolo.
Nell'immediato dopoguerra l'Italia sconfitta voleva “voltare pagina” e cancellare ogni traccia materiale del conflitto. A parte le navi non consegnate ai vincitori e ancora utilizzabili, tutto il resto finiva alla demolizione e non faceva molta differenza che fosse un relitto o una moderna corazzata in efficienza, come la corazzata Vittorio Veneto che aspettava la sua fine in rada a La Spezia.
Francesco Gemelli, da Milano, andava in vacanza in Liguria con la famiglia e nel 1951 potè vedere l'immensa e imponente nave d'acciaio ormeggiata al largo: esperienza impressionante anche per i cannoni già tagliati, come fosse un gigante moribondo non più rispettato. Grazie al mestiere familiare (piccola officina meccanica), nacque in lui il proposito di ricostruirne un modello, in metallo e navigante, quasi il simbolo che potesse navigare ancora, ricordando una passata grandezza.
Fu nel 1954 (quando il figlio Alberto aveva cinque anni) con la disponibilità di disegni “Navimodel” e dei primi componenti resi disponibili sul mercato modellistico, che divenne realizzabile il progetto. Altri modellisti lo sconsigliavano di usare il metallo e di ripiegare sul “classico” legno, ma la sfida della lavorazione metallica lo attraeva. Così il lavoro iniziò nel 1955, di sera, in una casa dallo spazio limitato, la radio accesa ad accompagnare il lavoro. Sarebbero stati usati ottone e alluminio, sagomati a mano. Venne scelta la scala 1:160 (la stessa della scala ferroviaria N) anche per risolvere la disponibilità dei longheroni in ottone lunghi a sufficienza senza giunzioni.
Nel '60 la casa divenne più grande e i suoi lavori di ristrutturazione imposero una battuta d'arresto al modello; mancavano anche adeguate attrezzature per le lavorazioni più difficili. Era il figlio Alberto che ora spingeva per la ripresa del lavoro, regalando al padre un tornio ed un trapano a colonna, acquistati con i suoi primi stipendi. Nel 1970 si riprendeva il lavoro e una vasca in giardino veniva usata per le prove di stabilità/navigazione. L'indirizzo di studio di Alberto nell'elettrotecnica permetteva una divisione di compiti tra padre e figlio, aprendo nuove possibilità tra cui la realizzazione di un radiocomando multicanale complesso, vera rarità per l'epoca (si era nel 1984!). Nel progetto non vi era dunque la sola propulsione, ma anche il movimento di molti particolari, una ulteriore sfida.
La nave era quasi finita secondo i disegni Navimodel , quando la disponibilità dei disegni e della numerosa documentazione fotografica contenuta nei fascicoli della Bizzarri permise calcoli e verifiche dei particolari e divennero la fonte storica principale. La Vittorio Veneto venne dunque perfezionata ancora ed al termine poteva essere protagonista di esibizioni e manifestazioni. La lunga storia del modello registrò pure danneggiamenti disastrosi (anche un incidente stradale durante il trasporto) ma la sua impostazione metallica e tanta pazienza ne permisero il restauro.
Alberto Gemelli maturò anche l'idea di realizzare un trittico di modelli di dimensioni diverse: oltre al modello Grande (la corazzata) volle realizzare un modello Medio (un sommergibile) e Piccolo (un MAS), tutti metallici e naviganti, tanto da poter coesistere in uno specchio d'acqua, evidenziando le differenze di dimensioni. Nacque così il modello del sommergibile Cagni, scelto per il record di giornate in mare (137) in un'unica missione. Il MAS, molto impegnativo per le ridotte dimensioni, non è ancora stato realizzato.
Indubbio impatto visivo, le torri da 381 mm della Vittorio Veneto.
I modelli.
Il modello navigante in metallo della Vittorio Veneto in scala 1:160 è stato iniziato nel 1955 e terminato nel 1992, richiedendo circa 8500 ore, di cui circa 3000 solo per la messa in opera e costruzione dello scafo. E' equipaggiato con un radiocomando a 16 canali proporzionali (quasi totalmente progettato e autocostruito) in FM/PWM sui 72,96 MHz, che con 14 motori, permette di: salpare le ancore, ruotare (con alzo dei cannoni) le 3 torri trinate di Grosso Calibro e le 4 torri trinate laterali, comandare separatamente le eliche di destra e di sinistra; viene manovrato il timone e regolata la velocità (in scala circa 6 metri al minuto) con tutti i movimenti lenti come si addice ad una nave da battaglia. Altri effetti comportano l'accensione delle luci interne/esterne, dei riflettori di scoperta aerea, il fumo e, aggiunta durante il restauro dopo l’incidente, la segnalazione Morse in testa d’albero con la “dicitura”: AMM vi da’ il benvenuto.
La colorazione è quella dell'estate 1940. Peso del modello: 11,25 Kg.
Il modello navigante del Sommergibile Ammiraglio Cagni in scala 1:150 è stato realizzato interamente in metallo, impiegando alluminio (per lo scafo sagomato a mano su dima in legno) e ottone per il ponte, oltre a combinazioni dei due metalli (es. per la torretta). E' equipaggiato con un radiocomando a 5 canali con frequenza 40,715 Mhz. Anche questo modello è stato realizzato per effettuare movimenti lenti, come l'originale, con velocità di 3,5 metri al minuto. In mancanza di casse allagabili, l'immersione avverrebbe con effetto dinamico tramite la timoneria orizzontale e massima velocità, anche se il movimento è solo accennato per i vincoli tecnici della scala (dimensioni di timoni ed eliche in rapporto ai pesi).
In fondo alla pagina si accede alla Galleria di immagini dei modelli.
Il regio Sommergibile Ammiraglio Cagni. Navigante, in metallo. Realizzazione di Alberto Gemelli.
Conversando con Alberto.
Come sottolinea Alberto, i modelli naviganti comportano studi preliminari e difficoltà tecniche da superare: è necessario un accurato calcolo dei pesi e della loro disposizione per non compromettere navigazione e stabilità, che va poi verificata con prove fisiche. Inoltre bisogna costruire una struttura con lo spazio adatto per congegni e motorizzazioni, pensando a una pratica accessibilità per la frequente manutenzione, con l'indispensabile impermeabilità. La parte elettrica ed elettronica costituisce un elemento aggiuntivo di difficoltà, per le luci, i motori e per le soluzioni meccaniche necessarie, dato che il numero di parti mobili accresce il pregio del modello ma anche la complessità e affollamento degli spazi interni. Anche se a prima vista un modello navigante può sembrare simile a un modello storico totalmente statico, il valore sta tutto nell'interno e nelle sue possibilità.
All'interno del grande mondo del modellismo, ogni settore sostiene la propria peculiarità e Alberto difende appunto il valore complessivo di un modello navigante e al tempo stesso anche storico, dove cioè il soggetto scelto, la fedeltà ai disegni e proporzioni, la qualità dei dettagli può essere mantenuta. Anche se può essere superato in questo da un modello storico e del tutto inerte, senza vincoli tecnici, si deve riflettere sul fatto che la Vittorio Veneto di Alberto Gemelli ha, per esempio, una vera propulsione a 4 eliche come l'originale. Inizialmente il sovrappeso e la linea di galleggiamento troppo alta della nave hanno imposto un laborioso alleggerimento, rifacimenti e anche rinunce ad alcune funzioni, per mantenere le caratteristiche di navigazione. Anche da un MAS (su cui Alberto sta lavorando) ci si aspetta che plani e non solo si sposti sull'acqua: questo comporta, sullo scafo a gradini, un insieme di leggerezza, di disposizione accurata dei pesi e un motore adeguato e, proprio per questo, una sufficiente ventilazione interna per evitare il surriscaldamento dei componenti. Problemi ignoti per chi realizza un modello statico.
Viene da domandarsi quale diffusione abbia l'impervia strada del modellismo storico navigante e qui si scopre che questi modellisti sono pochi e si diradano anno dopo anno, senza adeguato ricambio generazionale.
Forse le sempre più rare abilità tecniche portano molti al modellismo statico, dove fra l'altro i materiali sono meno vincolanti e le lavorazioni sono più semplici ed accessibili. Secondo Alberto l'interesse dei giovani si rivolge in gran parte al modellismo dinamico di immediato godimento come ad esempio i modelli volanti di elicotteri o di macchine. Ha anche vasto successo il modellismo ferroviario, perché offre ai massimi livelli sia la componente storica che quella dinamica, unita alla possibilità di acquisto in una vastissima scelta di mezzi ed accessori.
Nelle attuali tendenze si riscontra una crescente preferenza per l'immediatezza: tolto dalla scatola, deve funzionare subito! Sembra che si sia perso il significato del lavoro e dell'impegno. La pazienza ha quasi un valore negativo, come se fosse assurdo spendere così tanto tempo: agli occhi della maggior parte dei “profani” il modellista non ha finalità comprensibili. Temi su cui facciamo alcune riflessioni a fondo pagina.
Tornando al modellismo navale, dal punto di vista di Alberto, per lui un modello di nave storica non navigante sarebbe come un trenino elettrico privo di movimento: infatti il modello navigante non si esaurisce con il suo completamento, ma inizia da quel momento una storia di utilizzo concreto. Ovviamente i sostenitori del modellismo statico sostengono invece la loro specialità e la fedeltà storica senza compromessi. In effetti nei modelli di dimensioni limitate (come un MAS 1:160) è difficile mantenere insieme fedeltà e funzionalità; magari in una corazzata di ben maggiori dimensioni di questa Vittorio Veneto si potrebbero raggiungere risultati sorprendenti... ma non vogliamo anticipare un progetto di cui parleremo più avanti.
Dopo aver ammirato le creazioni di Alberto è interessante vedere il laboratorio, un concentrato di attrezzature, materiali, prototipi, accessori, e naturalmente anche storie. Lavori in corso e nuovi progetti, tra attese e scogli da superare, momento di vicinanza all'essenza della passione. Il laboratorio è diviso in due locali, tra meccanica (l'ambiente del padre, ora scomparso) ed elettronica-elettrotecnica. Qui si vedono delle novità, tra cui le torri mobili delle artiglierie della nuova Bismarck, una vera nave di preoccupanti dimensioni, ma questa è un'altra storia.
Tanto lavoro.
Riflessioni: saper fare e bene, un costume perduto
Immersi nel modellismo, non vorremmo dimenticare il suo significato artigianale e l'evoluzione dei tempi, che meritano qualche riflessione di più ampio respiro.
L'Italia è sempre stata un paese con grandi tradizioni di artigianato, ovvero una cultura concreta fatta di ingegno e creatività. Un elemento importantissimo della nostra identità perché autentico e diffuso, non deciso dall'alto. Era un nostro modo di essere e tutto il mondo lo sapeva. Le capacità della gente e degli artigiani erano così vaste e notevoli da qualificare ogni dettaglio di grandi opere e manufatti, affermando il timbro italiano anche in pieno novecento.
Purtroppo tutto ciò si è profondamente alterato in tempi recenti, per cambiamenti inevitabili nei meccanismi industriali e commerciali, che hanno reso poco competitiva la manualità individuale. Tuttavia a livello personale, chi ha una certa manualità e abilità, voglia di fare e riuscire, può comunque ricavarne soddisfazioni o più semplicemente risolvere piccoli problemi, come qualcosa che si rompe e va riparato. Ma non ha vita facile.
Infatti chi detiene cultura e potere spinge verso un modello di consumatore sostanzialmente incapace: in caso di anomalie dovrebbe astenersi da intervenire, affidandosi solo a professionisti e, dato che questi sono sempre meno abili (comunque propensi alla sostituzione), tutti si rassegnano a buttare via e ricomprare. Un indirizzo diseducativo che atrofizza le mani e la mente, drena il portafoglio e soddisfa lucrosi interessi. Alla fine i consumatori (tutti lo siamo) divengono incapaci davvero e non più in grado di distinguere la qualità e i contenuti, adattandosi a quello che offre il mercato.
Continuando così nessuno sa più riconoscere il lavoro di un oggetto e dargli un valore. Ovviamente chi produce si sposta dal lavoro ben fatto al lavoro che si vende bene, dal bene duraturo all'immediato, dal riparabile all'usa e getta, dall'affidabile al probabile, dall'eccellenza all'accettabile.
Si sostituiscono “valori” faticosamente costruiti con una nuova mentalità, ormai tanto diffusa da contaminare qualsiasi attività, piccola o grande.
Se molti si adeguano senza riflettere, qualcuno non lo ritiene giusto. Insomma, si segue la strada insensata di riempire l'ambiente di rifiuti prematuri e difficili da riciclare, tormentare le masse con la lettura di nuovi manuali di istruzione, cambiare sempre invece di usare meglio quello che si ha, proseguire nell'età adulta la maleducazione del bambino con tanti giocattoli, e oltretutto stimolare un consumismo che fa perdere lavoro in occidente a favore dell'oriente, fino a smarrire gli ultimi brandelli della nostra identità millenaria, di quando eravamo artefici del presente, fatto con le nostre stesse mani.
Inutile opporsi a tali forze dominanti, al massimo si può resistere in privato, nel proprio laboratorio, orgogliosi di essere diversi e abili, non certo inferiori, anche se spesso disapprovati dalla famiglia, compatiti pure dagli amici. Ma essere in pochi non significa essere nel torto, perché il cambiamento imposto a tutti non si può definire “progresso”.
In fondo il modellismo più laborioso è anch'esso una manifestazione resistente di una tradizione culturale che non si vuole abbandonare, che parla di intelligenza e amore per le cose. E' fatta di modestia perché si sa che si può sempre fare meglio, è fatta di cose che non si possono comprare. E' tutt'altro che una mania , anche se le ore di lavoro vengono considerate inconcepibili dalla massa degli umani frettolosi.
E naturalmente non perdetevi la Galleria di immagini...
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