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Scrivici |Vela, vapore, passeggeri
- Sulle navi passeggeri -
Foto ricordo di un gruppo di passeggeri sul piroscafo Principessa Mafalda
Quanto esposto non pretende di rappresentare la storia ufficiale, ma solo
il punto di vista degli autori. E' soggettivo e può
contenere errori o imprecisioni, per cui si suggerisce di non usarlo per
ricerche e di rivolgersi a testi storici più qualificati.
Alcuni sono indicati in Bibliografia.
Prima del vapore
La nave è un oggetto creato dall’uomo e destinato a muoversi in un ambiente talvolta ostile e pericoloso: deve quindi avere resistenza, autonomia, risorse per le peggiori condizioni possibili. Arrivare a destinazione in sicurezza è l’obiettivo più importante e tutto il resto è secondario, come lo spazio e le comodità a bordo.
La nave passeggeri è una nave con un problema in più, legato al carico che trasporta, quello con le maggiori esigenze. I passeggeri hanno bisogno di riparo e di cibo, la cui quantità è legata alla durata del viaggio, sempre piuttosto lungo con la navigazione a vela, molto condizionata dalle condizioni meteorologiche.
Le caratteristiche nautiche dei velieri, il necessario equipaggio, lo spazio limitato, le difficoltà di conservazione di acqua e viveri, non consentivano il trasporto di numerosi passeggeri, che erano in realtà anime piene di bisogni, estranee alla vita marinara e sostanzialmente inutili alla navigazione.
D’altra parte, per chi vi era costretto, il viaggio per mare era sinonimo di notevole disagio, oltre al rischio. Qualche conforto poteva essere offerto solo a pochi privilegiati e gli altri dovevano sopportare con pazienza. Questa situazione aveva caratterizzato per secoli lo scarso traffico passeggeri e solo innovazioni sostanziali avrebbero potuto cambiare la qualità del trasporto.
Ottocento: il vapore cambia la nave
Quando la macchina a vapore portò energia costante e abbondante sulle navi, si avviò una profonda rivoluzione del modo di navigare.
Il fuoco della combustione riscaldava acqua e produceva vapore, la cui pressione si poteva convertire in un movimento di grande forza. Le macchine consentivano viaggi più veloci e prevedibili, ovvero regolari e sistematici, mentre potevano aumentare le dimensioni della nave senza una crescita esponenziale dell’equipaggio. L’evoluzione permise aumenti del carico, dei passeggeri ed anche dei servizi offerti.
A metà dell’ottocento le navi potevano avere sia il vapore che la vela (i cosiddetti clipper a elica), perché non si sa mai, ma col progredire dell’affidabilità scomparivano velature e alberi a favore dei fumaioli e di maggiori strutture sul ponte per l’abitabilità. Le navi non dovevano più avere scafi destinati a navigare inclinati col vento, ma potevano ricercare la stabilità, con spazio per le macchine e per la fonte di energia, costituita dal carbone. Il combustibile solido, allora molto diffuso, era tuttavia sporco e pesante, richiesto in grandi volumi, creando problemi negli spazi limitati di una nave, per rifornirsi (il carbonamento) e poi portarlo alle caldaie, alimentandole costantemente, rendendo difficile la vita di fuochisti e carbonai, il livello più basso del personale a bordo (che doveva essere nascosto agli occhi dei passeggeri).
Altre trasformazioni avvenivano nel funzionamento e struttura della nave. L’elica inventata all’inizio dell’ottocento, dimostrò a metà del secolo la sua superiorità sulla propulsione a ruote, soppiantandola del tutto.
Il legno veniva sostituito dal ferro, le cui lamiere venivano unite con milioni di chiodi (ribattuti incandescenti), lavorazione che sarebbe stata preferita a lungo ritenendola più sicura della saldatura. In Italia la naturale scarsità di materie prime ritardò il passaggio dal legno alle costruzioni in ferro, sia per le minori dimensioni delle navi che per il ricorso a costruzioni straniere.
La macchina a vapore perfezionava il rendimento divenendo “compound”, a triplice o quadruplice espansione, recuperando il residuo di pressione ad ogni passaggio.
L’abbondanza di energia permetteva un più agevole azionamento del timone o recupero delle ancore senza l’uso della forza manuale. L’introduzione della dinamo consentì di adottare la più sicura luce elettrica e non i lumi, evitando il pericolo d’incendio, a cui la nave non offre scampo.
Alla fine dell’ottocento l’acqua non più razionata poteva essere prodotta dai primi dissalatori. Dopo le tecniche tradizionali di conservazione del cibo, che restringevano drasticamente la gamma di cibi disponibili, l’introduzione di cibi sottovuoto in latte ampliava il menu, ma solo la refrigerazione frigorifera permise di avere un’alimentazione normale e piacevole.
La nave era cambiata perché iniziava a disporre di novità che non sempre erano disponibili per tutti a terra, preparandosi a divenire un mondo a parte e non più un avventuroso mezzo di trasporto. Le crescenti dimensioni e le tecnologie introdotte sulle navi passeggeri rendevano ormai possibili sia il trasporto di un gran numero di passeggeri su lunghe traversate, sia un ottimo livello di servizio per chi poteva permetterselo.
Come la società dell’epoca, la nave passeggeri riassumeva in sé un mondo con notevoli differenze di vita, da una sommità spensierata di pochi, all’umiltà di chi sopportava il presente per un migliore futuro, da chi comandava in alto a chi spalava in basso, compresi tutti i livelli intermedi. La nave passeggeri era dunque un simbolo concentrato della società, quasi la conferma che anche il mondo moderno dovesse funzionare così, secondo un diffuso modo di pensare che accettava la realtà come fosse inevitabile, immutabile.
Turbine principali e riduttore ad ingranaggi del Conte di Savoia. Notare sulla sinistra le dimensioni della figura umana. "La Nave" - Estratto dal volume XXIV della Enciclopedia Italiana (Treccani) - 1935
Novecento: navi per i passeggeri
Più grande è il mare con le sue onde, più grande deve essere la nave per affrontarle.
La crescita delle dimensioni per convenienza economica sembrava al tempo stesso rassicurare le paure dei viaggiatori (tutti volevano la nave con 4 fumaioli, il transatlantico) però alcune tragedie come quella del debutto dell’immenso Titanic (1912) confermavano che la sicurezza era garantita non dalle dimensioni ma dalla qualità della prevenzione, dal numero delle scialuppe, dall’uso della radio e anche dai comportamenti umani. Con meno clamore delle invenzioni, norme e dettagli progredivano e accompagnavano il progresso della navigazione. Le scialuppe dovevano essere sufficienti per tutte le persone a bordo: ovvio, ma era solo l’inizio.
Anche le condizioni dei passeggeri più umili, storie tragiche e sofferenze, epidemie e odissee, portarono a regole per garantire condizioni sopportabili e rispetto per tutti i viaggiatori. La qualità della traversata migliorava per tutti e dopo il primo conflitto mondiale il traffico passeggeri riceveva nuovo impulso, perché una migliore offerta stimolava la domanda. La nave passeggeri veniva sempre più concepita intorno alla sua clientela, che era più vasta, costante, garantita, ovvero industria su cui investire.
Il carbone veniva sostituito dal combustibile liquido (la nafta), più maneggevole e veloce nel rifornimento, più facile da accogliere negli spazi di bordo, più comodo per una alimentazione regolare notte e giorno, più umano per il personale di macchina, più pulito e confortevole per i minori fumi sul ponte, capace di maggiore rendimento e prestazioni: miglioramenti che aprivano nuove opportunità.
Veniva introdotta la turbina, che convertiva direttamente la pressione del vapore in movimento rotatorio e in seguito anche la motorizzazione diesel con enormi motori diesel (le motonavi). Ormai il transatlantico, veloce e accogliente, raggiungeva e superava i migliori alberghi. Se prima si sognavano a bordo le comodità di terra, ora il lusso delle navi più belle diveniva il mito di riferimento per ogni hotel. Negli anni venti e trenta una esperienza a bordo non poteva mancare in un curriculum alberghiero di prestigio.
Il varo dei transatlantici
La nascita della nave avveniva da sempre con la cerimonia del varo, lo scivolare dello scafo che entrava violentemente in mare, impatto accettabile per piccole navi ma carico di preoccupazioni al crescere del transatlantico.
L’evento era un momento critico che poteva nascondere amare sorprese come nel caso del Principessa Jolanda, allestito di tutto punto, che si rovesciò e affondò al varo (1907), suggerendo la saggia abitudine di varare solo lo scafo e allestirlo dopo. La costruzione fuori dall’acqua di masse sempre più grandi caricava verticalmente la struttura di pesi notevoli, condizionando per eccesso le costruzioni mercantili in un periodo dove i calcoli teorici avevano bisogno della conferma sperimentale. La nave nasceva inclinata sullo scalo e costruire ogni dettaglio “verticalmente” non era facile.
Il giorno del varo personalità e masse numerose assistevano all’evento, con la madrina che rompeva la bottiglia di spumante sulla prora, con i fermi che venivano rimossi, vedendo lo scorrere del gigante sul prezioso sego (lubrificante) che veniva poi raccolto dalle barche di pescatori. Una cerimonia spettacolare, col gusto dell’apprensione normalmente sostituita dal sollievo. Anche gli ultimi transatlantici italiani vennero messi in mare così, prima di passare al poco emozionante (ma poco traumatico) allagamento del bacino.
Pubblicità del Lido Deck del Conte di Savoia (a sinistra) e del Rex (a destra). Promozione negli anni trenta della Southern Route sui transatlantici italiani.
Arte e bellezza
La cultura manifatturiera nei secoli ha realizzato creazioni in cui si uniscono bellezza e funzionalità, come se ogni artigiano (artista e tecnico insieme) ritenesse che l’eleganza fosse il naturale involucro di un oggetto razionale.
In altre parole una nave doveva essere anche bella per affrontare il mare.
Quando la tecnologia cambiò forme e proporzioni della nave passeggeri fu necessario ripensare all’estetica, al modo di usare le nuove opportunità, all’impressione che si voleva dare, dalla austera imponenza dei liners britannici alla raffinata grazia dei transatlantici italiani. Il passaggio dell’Italia dalle costruzioni estere alle produzioni nazionali, permise la concezione di linee e stili nuovi che si imposero sulla scena internazionale.
Rex e Conte di Savoia non avevano bisogno di una selva di fumaioli per far capire che erano signori dell’oceano e nemmeno di essere i più grossi, per essere preferiti dai grandi del mondo.
Saturnia e Vulcania con un solo basso fumaiolo senza fumo (i primi turbodiesel della Storia) e linee moderne rendevano obsoleti i concorrenti. Forma e funzione si accompagnavano perché le navi italiane si spostavano sulle rotte dal clima mite, aprendosi al sole e all’aria, con grandi ponti e piscine all’aperto, cambiando aspetto e uso del transatlantico.
All’interno, gusto e sensibilità italiane permettevano eccezionali qualità degli ambienti e degli arredi, a somiglianza di un grande albergo. La nave, come ambasciatrice di un paese ricco di bellezze storiche e artistiche, ne richiamava idee e stili, architetture e geometrie, giocando sull’immaginazione dei viaggiatori, quasi promozione alla visita turistica per chi andava, quasi prolungamento dell’emozione per chi tornava. Il successo incontrato stimolò una continua ricerca ed evoluzione con il contributo di abili progettisti e celebri artisti, che firmarono interni stupendi e di fascino, dove ogni dettaglio era curato.
Oltre ad ambienti accoglienti e suggestivi la nave offriva una variata vita di bordo, tra il piacere di frequentare un grande ristorante e di godersi il riposo più confortevole, alternando giochi e incontri sociali, con la possibilità di coltivare o sperimentare molte attività.
Ampiezza e qualità dei servizi erano dunque all’altezza del livello dei locali, in una perfetta armonia che faceva sentire il viaggiatore un ospite di riguardo. Fu soprattutto merito degli italiani trasformare il viaggio transatlantico da inevitabile passaggio (comodo, ma più breve possibile) in esperienza piacevole e unica, in un mondo che non aveva niente di simile a terra, introducendo l’idea di crociera, che da sola si giustifica.
Continua...
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